Deprecated: mysql_connect(): The mysql extension is deprecated and will be removed in the future: use mysqli or PDO instead in /home/mhd-01/www.eugenioscagliusi.it/htdocs/libreria/php/database.5.inc.php on line 32
Cattolici, tra famiglia e società. | Diritto | Eugenio Scagliusi

Eugenio Scagliusi

segui
Eugenio

Cattolici, tra famiglia e società.

Cattolici, tra famiglia e società.


Una premessa.

Qualsiasi riflessione sulla società non può che avere sia come punto di riferimento sia come punto di partenza la riflessione sull’uomo, considerato proprio nella sua più peculiare dimensione sociale (e politica). Quella “sociale” costituisce una dimensione del tutto naturale, essenziale ed irrinunciabile dell’uomo. L’uomo, infatti, è, per sua natura, un essere sociale, destinato a vivere con altri, destinato ad una tensione illimitata per l’altro e verso l’altro. L’incontro con l’altro riempie tutta la esistenza, tutti i momenti della vita umana.

Allo stesso modo, non si può parlare correttamente della famiglia, che costituisce il primo momento sociale di ciascun uomo, senza la medesima preliminare considerazione sulla natura e sulla essenza stessa dell’uomo, il quale, ancora una volta naturalmente, si trova inserito in un contesto primario: la sua famiglia, cioè l’insieme delle persone che lo hanno materialmente messo al mondo ed i suoi parenti più prossimi.

La famiglia oggi.

Eppure, non è facile parlare, oggi, della famiglia, a meno che non si voglia parlare del suo “funerale” o di quello che è stato indicato come lo “sfamiglio”.

Questo perché occorre intendersi, prima di ogni altra cosa, a quale concetto di “famiglia” ci riferiamo quando la collochiamo alla base della società e la riteniamo la sua cellula. Ed allora, preliminarmente credo che occorra ribadire con fermezza come fuori dai concetti di “nuzialità”, “paternità-maternità”, filiazione, fraternità, non possa esserci “famiglia”. Ci riferiamo, dunque, al concetto tradizionale di famiglia – anzi, di famiglia cristiana –, fondata sul matrimonio – anzi, sul sacramento del matrimonio –, tra persona eterosessuali. Questo concetto di famiglia tradizionale subisce quotidianamente aggressioni da parte di altre filosofie, altre culture, altre ideologie, che per quanto meritino rispetto, ma non possono pretendere né di condizionarci, né – ventilando un orgoglio che molto spesso diventa superbia, se non addirittura offesa nei confronti dei sentimenti più comuni – di pretendere un qualche riconoscimento, addirittura una qualche forma di legittimità.

Ci troviamo, però, a dover prendere atto di dati allarmanti: il numero sempre inferiore di matrimoni rispetto a qualche decennio fa e, parallelamente, il numero sempre crescente di convivenze; il numero sempre crescente di matrimoni che, peraltro sempre più in minor tempo, finiscono in divorzio; il numero crescente di matrimoni che non vengono celebrati in chiesa; il numero sempre crescente di coppie che, per libera scelta, non hanno figli, parallelamente al numero di quelle che, sempre per libera scelta, di figli ne hanno solo uno; il numero sempre crescente di convivenze tra persone dello stesso sesso, parallelamente al numero sempre crescente di comuni che istituiscono il registro delle convivenze tra persone dello stesso sesso.

Così, nonostante la costituzione di una “famiglia”, insieme alla sua stessa presenza nella società, dovrebbe essere (come, per fortuna, è, chissà per quanto altro tempo ancora!?!) del tutto naturale, sembra che si assista ad una crisi irreversibile dell’istituto tradizionale. E questo non può essere da noi tollerato. Ma per individuare i rimedi per una patologia, bisogna prima individuarne le origini. È nostro dovere confrontarci sulle ragioni che conducono a questa crisi. Mi permetto di ritenere che le quotidiane aggressioni al concetto di famiglia tradizionale trovino origine nel costituire essa un vincolo, un onere, una limitazione all’egoismo liberistico che invade sempre più la nostra società. Quel concetto di famiglia ci inchioda. E ciò ancora più, poi, se teniamo a mente come, nella concezione cristiana, il matrimonio è addirittura un “sacramento”, con tutto quello che comporta, anche in relazione allo scioglimento di quel vincolo! La famiglia, nell’attuale trionfante cultura che tenta di imperare, rappresenta una struttura arcaica e statica, da contrapporre alla convivenza, che, invece, ne rappresenta una moderna, libera e dinamica.

Per fortuna, queste aggressioni alla famiglia cozzano con i caratteri della essenzialità e della naturalità della famiglia. Finché c’è l’uomo, c’è famiglia, con i suoi oneri, le sue responsabilità, i suoi diritti ed i suoi doveri. Non può essere diversamente.

I caratteri naturali della famiglia.

Ed infatti, il primo tra gli infiniti “momenti sociali” della vita dell’uomo, è quello che lo vede nascere, vivere, crescere all’interno di un famiglia, che costituisce, con il matrimonio, principio e fondamento della umana società. La famiglia costituisce il primo nucleo associativo di ogni essere umano, quello più naturale. È all’interno della proprio famiglia che l’uomo apprende che cosa vuol dire “amare” ed “essere amati”, dove massima è la “solidarietà”, dove ognuno è responsabile dell’altro, non solo i più grandi con i più piccoli, bensì tutti i componenti della comunità familiare diversamente ma parimenti responsabili. Infatti, il più grande, specie il genitore, pur volendo prescindere dall’obbligo morale, ha il “dovere”, anche giuridico, di aiutare il più piccolo; ma allo stesso modo anche il più piccolo va educato alla “solidarietà”, che per lui consiste nell’ordinare le sue cose, nel rispettare la casa, nell’aiutare nello sbrigare le piccole faccende domestiche.

La “solidarietà familiare”, con il suo più sincero ed autentico “spirito di servizio”, costituisce l’imprescindibile parametro che consente di esprimere quella “solidarietà” in ambiti “sociali” più vasti, nella vita di ogni giorno, fuori dalle mura domestiche. È in famiglia che nasce la prima e naturale “vita di relazione”; è in famiglia che si costruiscono i rapporti spontanei all’insegna dell’aiuto e del servizio reciproco, della complementarità, della donazione, della “gratuità”, al di fuori di ogni logica utilitaristica di “scambio” che purtroppo è presente in larga parte in altri momenti della vita sociale. Ciò è possibile proprio rispettando e favorendo in tutti i componenti della comunità familiare la “dignità personale” come unico titolo di valore: tutti uguali e pari in quanto uniti e generati dall’amore. Così, proprio coltivando i valori dell’aiuto e del servizio, della complementarità, della donazione, della “gratuità”, dell’accoglienza cordiale, dell’incontro e del dialogo, della disponibilità disinteressata, del servizio generoso, della solidarietà profonda, la famiglia diventa “comunità”, cioè vera comunione piena di vita e di amore, e quindi di persone.

La vocazione sociale della famiglia.

La solidarietà che le è propria consente alla famiglia di essere protagonista in quella particolare dinamica del “vivere” che è l’incontro con gli altri, con le altre famiglie, con la comunità delle persone, con il mondo esterno, con il “sociale”: la famiglia, originaria cellula sociale, anima il sociale mediante l’utilizzo di quei valori in cui essa stessa è naturalmente cresciuta. Essa, in modo del tutto naturale, quasi di conseguenza, diventa “il” tramite tra l’individuo singolo e la comunità più ampia, saldando le istanze individuali con quelle sociali. E più si consolida tale tramite, più la famiglia acquista quella centralità di ruolo nella società che le compete. La vita familiare, nella sua quotidianità, crescendo nella consapevolezza di tali valori, da prima “esperienza naturale di comunione” diventa prima “esperienza sociale”, destinata a trovare crescita e sviluppo, inserimento attivo e responsabile nella più ampia società civile, anche attraverso la sua testimonianza.

Questa esperienza quotidiana di “comunione e partecipazione” caratterizza la vita della famiglia e rappresenta il primo e fondamentale contributo della famiglia alla società. Peraltro, appare significativa proprio l’evidenziazione della “partecipazione” quale esigenza fondamentale dell’uomo, protagonista, artefice, attore, in ogni contesto sociale in cui è presente.

Il futuro della famiglia. La funzione educativa.

Nell’ambito dei ruoli e dei compiti suoi propri, è fondamentale ricordare (salvaguardare, preservare, proteggere, potenziare, qualificare) l’opera e la funzione educativa della famiglia. Non ci sfugga come la famiglia – molto prima della scuola –, sia il luogo primario ed insostituibile dell’educazione in senso ampio, anche dell’educazione alla solidarietà ed alla socialità. È nella famiglia che sorge, naturalmente, spontaneamente, la cultura della socialità, del superamento dell’individualismo e dell’egoismo, dell’apostolato spontaneo, del servizio, della protezione amorosa della vita in tutte le sue fasi, soprattutto nei momenti di maggiore bisogno, anche in rapporto alle età dei suoi componenti.

L’educazione alla società non è più possibile solo laddove la famiglia sia divisa, conflittuale, assente, protesa alla egoistica accumulazione dei beni, chiusa, gelosa delle proprie cose e dei propri mezzi. Ed invece la famiglia-comunità diventa essa stessa strumento di educazione alla società. Basti pensare alle enormi potenzialità educative, anche in una prospettiva “sociale” più ampia, della vera e propria “palestra di vita” che costituisce la famiglia nella – certo, non facile – gestione dei possibili disaccordi per il tramite del dialogo più sincero.

All’allarme costituito dalle aggressioni al concetto di famiglia di cui ho fatto cenno, corrisponde l’attuale e forse ben più ampia emergenza educativa, rappresentata dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni i valori di base dell’esistenza. Esiste una singolare coincidenza e corrispondenza tra la crisi di valori che accusiamo (e che condividiamo), la crisi educativa e la crisi della famiglia, fenomeni che conducono inevitabilmente alla crisi della società contemporanea, al di là di ogni facile demagogia.

Riscopriamo, allora, prima di tutto, il ruolo educativo della famiglia tradizionale, che, con i suoi valori, costituisce uno strumento straordinario per affrontare la crisi della società.

Il futuro della famiglia. Il ruolo "politico".

La famiglia ha anche un suo specifico compito “politico”, che si esplica secondo una duplice direttiva: la dedizione alle molteplici “opere di servizio sociale”, nonché il diretto intervento “politico”. La prima è costituita dalla straordinaria predisposizione della famiglia, proprio in virtù delle sue peculiarità naturali, all’attenzione verso l’altro, non solo verso le altre famiglie. È il carattere “missionario” della famiglia, che potremo approfondire in altre occasioni.

La seconda direttiva, invece, merita approfondimento adesso.

La famiglia deve crescere nella coscienza di essere effettivamente “protagonista” e “partecipe” della “politica familiare”, ad ogni livello.

È la famiglia stessa che deve, per prima, adoperarsi “…affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti ed i doveri della famiglia…” (Familiaris consortio, 44). La famiglia deve poter concorrere a trasformare la società. È essa stessa che deve preoccuparsi di essere “…riconosciuta nella sua identità e accettata nella sua oggettività sociale…” (Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie, 1994, 17); è essa stessa che deve preoccuparsi di “aprirsi”, “farsi sociale”, “partecipare”.

D’altra parte, l’intima connessione tra la famiglia e la società, così come esige l’apertura e la partecipazione della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che la società non venga meno al suo fondamentale compito di rispetto e di promuovere la famiglia stessa.

Il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile: le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti – economici, sociali, educativi, politici, culturali – di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità.

Non a caso, anche Papa Benedetto XVI ha richiamato più volte l’attenzione della politica affinché vengano promosse iniziative che vedano al centro della loro azione la difesa della vita e della famiglia, che occorre aiutare con ogni strumento nel non facile contesto sociale odierno. A tale promozione nessuno di noi può dirsi escluso, tutti responsabili e chiamati a creare condizioni favorevoli all’accoglienza della vita ed alla tutela dell’istituto della famiglia fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna, nel cui alveo la vita nasce e si sviluppa. Soprattutto, le iniziative primarie devono essere assunte delle famiglie, in proprio, che devono farsi esse stesse promotrici, presso le autorità pubbliche, delle politiche necessarie.

Appare, invece, mortificante avvedersi dell’attuale incapacità della “famiglia cristiana”, delle tantissime famiglie che si dicono cristiane e che pure hanno chiesto di essere consacrate nel sacramento del matrimonio, di determinare le scelte di politica generale (anche legislativa) in materia di divorzio, di aborto, di “unioni di fatto”, di fecondazione artificiale o di sperimentazione sugli embrioni. Solo recentemente, per fortuna, si registra una maggiore sensibilità su questi argomenti ed una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle famiglie, che hanno il compito primario di adoperarsi perché vengano salvaguardati e tutelati, in ogni forma e modo, i loro “diritti”, strettamente connessi con i diritti inviolabili dell’uomo.

Ed è giusto che sia la famiglia stessa a reclamare l’applicazione e lo sviluppo di quella che l'allora Ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, chiamava “cultura della vita”, il cui rispetto è la prima giustizia da applicare. Ed ancora, è soprattutto compito dei coniugi maturare tali considerazioni, affinché possano liberamente e meglio determinare le “azioni sociali” più consone per le loro famiglie, chiamate ad una responsabile missione sociale di ampia portata e rilevanza nell’intera società civile, cui esse partecipano, finanche diventando protagoniste della “politica familiare”.

Una conclusione.

Come per la premessa, anche la conclusione può essere “una”, una tra tante. Come tante possono essere le riflessioni sul tema della famiglia. Ho inteso proporne alcune; non si tratta certo delle uniche. E quelle che sono state proposte vanno sicuramente approfondite, incontrando i limiti, anche di tempo, imposti dall’intervento. Quello che mi preme, come per altre occasioni, è stimolare l’approfondimento individuale delle idee proposte. Ognuno può trarre le proprie conclusioni.

Mi piace proporne una: non bisogna essere “cristiani” per difendere la famiglia. Né è necessario fare le barricate, né essere integralisti. Occorre solo un minimo di buon senso e non vergognarsi di essere “tradizionalisti”, accusa spesso rivolta a chi crede nei valori propri della famiglia tradizionale. Occorre riscoprire il concetto del completamento di noi stessi nell’incontro con l’altro. La famiglia non mi costringe nè mi lega; mi completa e mi libera.

Con un nostalgico ritorno alle mie letture liceali, mi permetto di proporvi due considerazioni. La prima: Ulisse, nel poema a lui intitolato, non è “libero” quando vaga nei mari, tra avventure infinite, ma quando torna a casa. Solo allora, restituito alla sua famiglia, viene “liberato” dalla punizione che subisce. La seconda: Alcesti, nella tragedia a lei intitolata, muore per il marito. Fa prestare al marito, davanti ai figli, un giuramento che lo impegna a restarle fedele e a non sposare altra donna. Alcesti sacrifica la propria vita per quella dello sposo. Si giunge, così, allo spossessamento di se quale conseguenza del matrimonio.

Di certo non si tratta di semplici “favolette”. Vi è ben altro: i concetti della indissolubilità del matrimonio o del matrimonio come “libertà incarnata” appartengono ad una tradizione (o “cultura”, in senso ampio) assolutamente laica (addirittura pagana!) e ben anteriore – anzi, del tutto estranea! – a quella cristiana, che pure qualcuno vorrebbe seppellire!

Così, la conclusione si trasforma, in realtà, in un invito: acquisire coscienza e consapevolezza della “missione sociale” della famiglia ed individuare, con l’approfondimento di queste riflessioni, che affido a tutti quanti, le iniziative più idonee alla crescita morale, sociale, culturale, economica della “famiglia” nella società civile.