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Individuo e popolo nell'esperienza comune | Diritto | Eugenio Scagliusi

Eugenio Scagliusi

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Individuo e popolo nell'esperienza comune

Individuo e popolo nell'esperienza comune


Ci sono momenti in cui nel linguaggio comune, anche nelle conversazioni e nelle occasioni più disparate, se non più banali, alcune parole vengono utilizzare in maniera più frequente. Negli ultimi mesi giovani e meno giovani, adulti o anziani, un po’ tutti – insomma – siamo stati coinvolti in conversazioni e discussioni che riguardassero, più o meno direttamente, la parola popolo. Sembra emergere non tanto il senso di appartenenza ad un popolo, quale componente di una nazione, quanto l’orgoglio del rivendicare il ruolo di protagonista della storia. Popolo, con il suo derivativo populismo che ne indica il valore ideologico, configura il bisogno di passare dall’anonimato del singolo, dell’individuo, perso nella molteplicità, rimasto senza voce, al valore del gruppo, del popolo, finalmente soddisfatto di ergersi a protagonista della storia, emanciparsi ed autodeterminarsi. Anche attraverso la semplificazione della realtà e la prevalenza di messaggi immediati, che toccano interessi diffusi, accompagnati spesso da un moto di indignazione per la realtà stessa.

Nell’idea di popolo si supera la somma delle parti dei cui è composto e l’individuo si confonde con il tutto. Si finisce con il sostituire al pluralismo, diffusione ampia e diversificata di stili di vita, una effimera coesione sociale. Con il rischio di derive costituite dall’atteggiamento di chi si riconosce interprete della volontà popolare, giungendo finanche ad arrogarsi il diritto di parlare per tutti, superando ogni forma di dialogo con l’altro.

A questo valore ideologico, sempre più comune, sfugge come sia impossibile parlare di popolo senza primamente valorizzare il singolo individuo, nel quale si svolgono e producono ed incarnano tutti i problemi della vita, dai piccoli ai grandi: dal gioco e dal divertimento, al lavoro ed all’occupazione; dalla molteplicità di bisogni ed interessi, alla limitatezza di risorse e possibilità; dalla vita alla morte; dalla fede e dall’affidamento spirituale, allo scetticismo ed all’agnosticismo. Tutto riguarda l’individuo, il soggetto, totalmente e pienamente preso e condizionato da problemi che appaiono più grandi di lui e che uno studioso ha mirabilmente riassunto nella società, nello Stato, nella storia: insomma, nella vita.

È l’individuo il vero protagonista della storia. L’individuo comune, quello della reale e concreta vita quotidiana, perso nell’anonimato di questa vita; pur tuttavia, protagonista della vita e della storia perché è lui che accusa, è lui che soffre, in lui si realizzano e si risolvono tutti i problemi della vita.

La parola individuo, diversamente dalle più generiche uomo o persona o soggetto, richiama il valore del singolo, protagonista primo, con la sua intimità ed irripetibilità, delle vicende della vita storica, sperimentate in ogni attimo attraverso la sua operosità, la sua azione. Perché ogni azione, per quanto possa apparentemente essere riferita al singolo individuo, in realtà rappresenta, nella più profonda manifestazione, il vero senso della storia. Quella azione, che ad un primo minimale livello persegue il suo fine concreto ed immediato, al più profondo livello persegue il fine ultimo della creazione del mondo pratico umano. Nel più profondo, quell’individuo, nel suo naturale aspirare alla vita in comune fuggendo la solitudine, fa assumere alla sua azione una rilevanza maggiore, superiore, di larga rilevanza, che lega ed evolve l’azione da individuale a storica.

Può sembrare contraddittorio il ritenere che il singolo individuo, che sembra solo ed inutile, non già un popolo, assurga a protagonista. Eppure accade ed accade attraverso lo strumento del diritto. Non il diritto inteso come insieme di norme dettate dall’ordinamento, ma il diritto inteso come espressione di vita. Nel diritto si svolge e si legge l’uomo, la sua azione, il suo porsi rispetto alla vita ed alla storia. Nel diritto vigente è dato rinvenire lo stato, il modo di essere, il percorso, lo svolgimento del singolo individuo. A lui, al singolo, il diritto è destinato. E da lui stesso e con lui stesso nasce e si sviluppa, accompagnandolo nella vita e nei suoi bisogni. Al diritto, e più precisamente alla scienza del diritto, è affidato l’individuo. La scienza del diritto, nella più completa forma dell’esperienza giuridica, è parte integrante della vita; sta nella vita in maniera così strutturalmente complementare da non potersene staccare. Perché la esperienza giuridica non è altro che il prodotto dell’esperienza fattuale comune a ciascun individuo, formandosi ed evolvendosi materialmente insieme alla vita ed ai bisogni di ogni individuo. Dunque, l’esperienza giuridica è il prodotto dell’esperienza comune, quella che nasce dalla connessione di individui tra loro, tutti naturalmente destinati a manifestare interessi, bisogni e fini di vita. Se l’individuo prova a costruirsi attraverso e nell’esperienza comune, lo strumento operativo per farsi effettivamente comune, per farsi gruppo, per farsi comunità, per farsi Stato e scrivere la sua storia, è quello del diritto. È il diritto che costituisce lo strumento con il quale, attraverso l’esperienza giuridica, l’individuo si realizza.

Esiste un nesso profondo, indiscusso, fra scienza giuridica e vita. È un legame indissolubile che comporta la dipendenza della scienza dal proprio oggetto, che non è altro che l’attività pratica e comune di tutti gli individui tesa a realizzare i fini della loro vita. L’attività pratica è quella che si svolge con ed attraverso l’azione, le singole infinite azioni quotidiane. Il diritto stesso, il suo contenuto, non è altro che proiezione dell’azione individuale.

Affinché si possa valorizzare il senso comune, l’appartenenza, la società, lo Stato, occorre riscoprire il valore individuo, prima ancora e più che il valore popolo. Il come appartiene all’esperienza morale, che diventa cuore e motore pulsante dell’esperienza giuridica: e così, in fondo, della vita.
Nell’attuale momento storico, sempre più animato dal voler attribuire e riconoscere il valore popolo, occorre decisamente che ognuno di noi, accusandone il pericolo del degradamento, riscopra il più profondo senso dell’esperienza morale individuale: fondamentalmente, il senso del dovere verso la vita, comune destino.