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Matrimoni e unioni. Solo storie di trascrizioni? | Diritto | Eugenio Scagliusi

Eugenio Scagliusi

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Matrimoni e unioni. Solo storie di trascrizioni?

Matrimoni e unioni. Solo storie di trascrizioni?


Un pasticcio italiano: quello della sostituzione del potere magistratuale a quello legislativo. Produzione di sentenze che sostituiscono la mancanza di leggi. Giudici che diventano legislatori. Certo, di questi tempi sparlare del nostro legislatore viene piuttosto bene; ma anche il “tiro al giudice” è sport che ci piace molto. Ovviamente a convenienza, anche quando di robe giuridiche non ne capiamo molto.

Dopo la vicenda Englaro, per la quale abbiamo dovuto spiegare anche ai ragazzini come e perché si potesse terminare una vita umana, da qualche tempo parteggiamo a favore o contro la possibilità che coppie omosessuali che abbiano consacrato la loro unione all’estero, possano vederla riconosciuta anche in Italia mediante la trascrizione nei registri dello stato civile.
La legge italiana non lo prevederebbe. Così è stato chiarito. Ma perché il legislatore ritenuto dormiente o comunque indifferente si sbrighi a garantire le aspettative delle coppie omosessuali, ed in attesa che si possa celebrare la relativa unione anche in Italia, qualcuno, qualche sindaco, nella qualità di ufficiale di stato civile della propria città, ha pensato bene di consentire la trascrizione nei registri dello stato civile di unioni omosessuali contratte all’estero. Con la piena ovvia consapevolezza di sollevare il caso e favorire una qualche sentenza che legittimasse la prassi o quantomeno suggerisse al signor legislatore di muoversi a colmare il vuoto legislativo.

Così, dopo il caso del Comune di Grosseto, al cui ufficiale di stato civile che aveva negato la trascrizione ad una coppia omosessuale unita in matrimonio a New York nel 2012 il Tribunale di Grosseto ha ordinato di provvedervi (ordinanza Giudice Ottati del 09.04.2014, poi annullata dalla Corte di Appello di Firenze), il sindaco salito agli onori della cronaca molto più dei suoi colleghi di Milano, Bologna, Modena, Empoli, è stato il laicissimo Marino, sindaco di Roma. Perché Marino non si è mica accontentato di celebrare o trascrivere un solo matrimonio. No, lui ha fatto di meglio: si è finanche inventato, il 18 ottobre 2014, una simil cerimonia matrimoniale, ovviamente tarocca ma, tra microfoni e telecamere, sostanzialmente abile espediente mediatico per la trascrizione nei registri civili in Campidoglio di ben sedici unioni omosessuali già contratte all’estero.
Chi se ne importa se quella trascrivibilità era stata negata anche da qualche tribunale già adito. Prima a poi un espediente si sarebbe trovato.
E chi se ne importa se con una circolare di qualche giorno prima il Ministro degli Interni aveva invitato i prefetti a vigilare affinché i sindaci non trascrivessero unioni omosessuali e, ove effettuate, le cancellassero, contestualmente avvertendoli che in caso di inerzia si sarebbe proceduto da parte loro all’annullamento in via gerarchica.

Il caso era pronto. Un altro pasticcio italiano, ben studiato a tavolino. Perché il solerte prefetto di Roma, ottemperando alla circolare ministeriale, ha annullato le sedici trascrizioni mariniane ed ovviamente tra le sedici coppie ne sono saltate fuori tre che hanno proposto ricorso impugnando il decreto di annullamento delle loro trascrizioni. Così, alla fine, con tre diverse sentenze del 9 marzo 2015, il Tribunale Amministrativo del Lazio ha accolto i tre ricorsi, così ridando legittimità alle trascrizioni. Decisioni giuridicamente ineccepibili. Al povero estensore delle sentenze, giudice Proietti, è toccato dover confermare con dovizia e precisione, a scanso di ulteriori equivoci, che “…l’attuale disciplina nazionale non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili nei registri dello stato civile…” Tuttavia, ha dovuto precisare che “…l’annullamento di trascrizioni nel registro dello stato civile di matrimoni contratti da persone dello stesso sesso, celebrati all’estero, può essere disposto solo dall’autorità giudiziaria ordinaria.” Competenza del giudice civile, dunque, perché “…ministro dell’interno e le prefetture non hanno il potere di intervenire direttamente…”.

E adesso? Boh, staremo a vedere. Al momento le trascrizioni esistenti, anche in mancanza di norme che le giustifichino, restano valide. A validarle sono sufficiente le ansie protagoniste e ideologiche di fior di signori sindaci che pensano di sostituirsi ad altrettanto fior di legislatore.
Resterebbe, a possibile limitazione dello strapotere libero ed illimitato dei tanti diversi sindaci del territorio della Repubblica, che qualcuno promuova l’azione di annullamento davanti dal giudice civile. Chi ne ha interesse? Chissà. Forse qualche pubblico ministero, per esempio, che applicando la normativa esistente, ormai più che confermata dalla giurisprudenza, secondo cui non è possibile trascrivere matrimoni tra persone dello stesso sesso, proponga una azione di annullamento. A Grosseto esiste. In altre procure…

Non accadrà. E nel frattempo i nostri cari legislatori, in particolare quelli che siedono sui banchi di Montecitorio, che – come i colleghi di Palazzo Madama – su altre questioni sembrano distratti e ritardatari, hanno già pensato di approvare una mozione del Pd (204 voti favorevoli, 83 contrari e 98 astenuti) che impegna il Governo “…ad intervenire per favorire l’approvazione di una legge sulle unioni civili, con particolare riguardo alla condizione delle persone dello stesso sesso…”. Giusto. C’è da colmare un vuoto legislativo. Giacché ci siamo e che farlo sembra prioritario rispetto ad altro – avranno pensato – impegniamo anche il Governo “…alla luce dell’evoluzione del quadro giurisprudenziale e della disomogenea interpretazione della normativa vigente in materia di registro dello Stato civile, ad adottare le misure necessarie per garantire un eguale trattamento delle medesime situazioni su tutto il territorio nazionale…”. Giustissimo. Non è mica la Repubblica delle Banane, la nostra, dove ogni sindaco si alza e decide di trascrivere quel che gli pare e piace ed ogni giudice, ministro o prefetto dice tutto ed il suo contrario. Siamo nella culla del diritto, caspita, e ne conosciamo bene l’importanza della certezza.

Oh, meno male. Siamo rinfrancati. Però la preoccupazione rimane. Perché tutti hanno capito che, in fondo, la questione delle unioni civili, discussa in Parlamento, non riguarda i diritti derivanti dalle unioni, quanto ciò che immediatamente seguirà: la compravendita degli ovociti e la pratica dell’utero in affitto. Adesso la chiamano stepchild adoption. Tutti sembrano convenire sul diritto di chiunque ad avere un figlio; ma a pochi interessa che il bambino abbia diritto ad avere un padre ed una madre.

Piuttosto, gli oltranzistici difensori della famiglia tradizionale, oltre a lamentarsi sempre, anche delle nuove norme sul “divorzio fai da te” e sul “divorzio breve”, hanno provato a capire quali sono le “politiche familiari” poste in essere negli ultimi anni? Hanno mani pensato di ergere alte barricate e produrre seri moti risorgimentali contro la mancata applicazione delle misure individuate dal Piano Nazionale per le Politiche Familiari approvato dal Governo nel giugno del 2012? Hanno mai pensato come tutelare bisogni ed interessi della “famiglia”? No? Ed allora si tengano unioni civili, trascrizioni e tutto il resto e continuino a guardare il dito che indica la luna, ma non la luna.

Matrimonio e famiglia sono morti e sepolti. Non si è trattato di omicidio, ma di suicidio. Voluto e perseguito dalla famiglia stessa, capace solo di autocelebrarsi in qualche sacrestia ma realmente incapace di autodifendersi dagli attacchi progressisti subiti.