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Pubblicazioni | Eugenio Scagliusi

Eugenio Scagliusi

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La persona in Jacques Maritain.

La persona in Jacques Maritain.


La centralità della persona nel pensiero di Jacques Maritain.
Riflessioni a margine di incontri di vita
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Sono passati molti anni dalle mie prime letture di Maritain. Si trattò, allora, di una curiosità derivata dalla sua critica a Blondel, la cui “filosofia dell’azione” mi interessava; come mi interessa ancora. Devo confessare, in tutta sincerità, che personalmente mi sentivo più idealmente vicino al concetto di “volontà attiva” di Blondel ed alla sua concezione secondo cui il fermarsi equivale a rinunziare al proprio volere. Ed ecco che mi viene regalato un libro, La centralità della persona nel pensiero di Jacques Maritain, il cui autore, Michele Indellicato, docente di Filosofia Morale presso la Facoltà di Scienza della Formazione dell’Università di Bari, mi coinvolge in un incontro di presentazione, chiedendomi di proporre una mia riflessione. Ne comincio la lettura. La mia attenzione viene richiamata da una frase di Maritain, proposta ad inizio del testo e che ne guida la lettura: “La dignità della persona umana è una parola che non ha alcun senso, se non significa che sulla base della legge naturale la persona umana ha il diritto di essere rispettata ed è soggetto di diritti.” Una premessa essenziale. La persona umana ha un ruolo, uno scopo, un senso: quelli propri ad essa riconosciuti a livello universale. Anzi, più precisamente quelli ad essa riconosciuti dalla “legge naturale”. Questa, secondo Maritain, riconosce la persona umana quale soggetto di diritti. Tra i tanti possibili, almeno due diritti: quello di essere “rispettata” e quello di essere “soggetto di diritti”.

In verità, quando parliamo di un “soggetto di diritti” (così accade anche per gli “oggetti) ad esso spesso riconosciamo una pluralità di diritti. Sicché è già tanto importante poter dire che riconosciamo la “persona umana” quale titolare di diritti. Quali essi siano è la questione focale del pensiero di Maritain. La relativa indagine appare quanto mai opportuna, atteso che da più parti, ormai, si accusa quella che viene chiamata “emergenza persona” e che richiede una analisi completa: filosofica, antropologica, politica, economica, sociale, giuridica. Occorre, dunque, ricorda l’Autore del testo, ridare voce alla persona, cioè “…recuperare anche la dimensione sociale e comunitaria dell’uomo, che va scoperta e verificata nell’ambito della giustizia e della solidarietà...perché la persona si ritrova in pienezza nella polis…”.

Quando ho letto questa frase per la prima volta ho provato un brivido. Occorre  “…recuperare anche la dimensione sociale e comunitaria dell’uomo…”. Ho provato un brivido perché poche ore prima avevo finito di occuparmi, per motivi professionali, di una banale, banalissima lite di condominio. Sembra una sfida impari; titanica. Com’è possibile recuperare una dimensione “sociale” e “comunitaria” quando c’è gente che non riesce a comprendere che lo sciorinare i panni (o il lavare il proprio balcone, senza che ciò comporti l’imbrattare quello del piano inferiore) richiede un minimo di disciplina, di regolamentazione, di buon senso? Oggi va di moda la parola “libertà”. Rivendichiamo il diritto di essere liberi (anche se dobbiamo sciorinare i panni in una certa maniera); ci dimentichiamo che quel diritto non deve ledere la libertà altrui (di veder puliti i propri vetri dopo averli lavati, senza che qualcuno ce li imbratti nuovamente mentre pulisce il proprio balcone). Per lungo tempo ci siamo ubriacati con il motto: “La libertà propria finisce dove comincia la libertà altrui.” Niente di più falso e più sbagliato. Forse sarebbe possibile pensare, insieme, a libertà comuni o quantomeno a limitazioni concordate delle proprie libertà, in modo che non vi sia prevaricazione di una contro un’altra.

La proposta di Maritain si presenta attualissima: il recupero della dimensione sociale e comunitaria delle persona non può che avvenire garantendo ad essa, in rapporto alla polis cui essa è totalmente inserita, il giusto riconoscimento di centralità ed integralità umana. Nascono così le indagini e le proposte mariteniane della persona in rapporto ai diritti umani; in rapporto alla “legge naturale”, cioè quella legge non scritta che Maritain sostanzialmente identifica con la “Saggezza Divina” e che definisce “esigenza razionale di umanità del diritto”; in rapporto al diritto naturale;  in rapporto alla “legge morale”, per ciò che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto, per il bene dovuto ed invece mancato; in rapporto alla Stato, costruito come “agenzia”, l’agenzia più alta del corpo politico che ha come fine il coordinamento delle attività dei corpi intermedi in vista del bene comune, fine che Maritain esprime con la frase “lo Stato è per l’uomo”, con ciò rappresentando l’esigenza di salvaguardare, attraverso lo Stato, la persona ed i mondi vitali della società. Ed ancora in rapporto alla democrazia, che non può essere solo “tecnica di governo”, come se si trattasse di una democrazia solo formale, come invece riteneva alla Hans Kelsen. Maritain sostiene che la democrazia non possa essere “puro metodo”; ma che richieda, invece, la determinazione dei contenuti del bene comune. Maritain rivendica il primato dell’etica, rispetto alla politica, criticando espressamente Macchiavelli, senza temere di percorrere strade che oggi definiremmo “conservatrici” o “antimoderne”: tutte quelle tendenza che rivendicano l’autonomia della politica rispetto all’etica, alla morale.

L’attualità del pensiero di Maritain, poi, emerge ancor più avvedendosi come anche lui già conoscesse le tematiche della bioetica, della biopolitica e della “tecnoscienza”, tema – quest’ultimo – che solo con  gli studi di Gilbert Hottois  e di Alexander Koyrè ha trovato il giusto interesse. Anche Maritain, infatti, auspica il controllo teorico (etico) sulla tecnoscienza. La teoria (compresa la sua parte di “etica”) è uno strumento della tecnica; non può essere il contrario. Secondo Maritain “…non è legittimo ridurre tutto alla scienza (come propongono Husserl e Wittgenstein), relegando l’esperienza interiore e spirituale del singolo e dell’umanità…Non esiste la (sola) scienza. Ma l’uomo che opera nella scienza.”

Ho letto una parte del libro di Indellicato in treno, tornando da Roma. In una occasione, sedeva di fronte a me un bambino di non più di sei o sette anni che, non appena capisce che sto per leggere un libro, mi chiede: “Che cosa leggi?” Rispondo: “Un libro”. Lui insiste: “E perché” – “Perché ne devo parlare con alcuni amici”. Ancora: “E di che cosa parla?”. Di che cosa parla.
Impossibile rispondere in modo semplice. Ho dovuto inventarmi una risposta, dopo averci pensato qualche secondo. Rispondo: “Parla anche di te”. Il bambino mi ha guardato in silenzio, stupito. Poi si è rivolto alla madre dicendo: “Mamma, perché io non ce l’ho?” Mi è andata bene, perché a quel punto il dibattito è stato trasferito ad altro soggetto: la madre! Che, da brava madre, si è industriata a distrarre il bambino. “Parla di te.” Forse quella madre – o lo stesso bimbo – ha pensato che stessi scherzando. Non è affatto vero. Non è forse un bambino una “persona”? Anche lui titolare di “diritti”, alcuni anche non codificati? Non era, forse, quel bambino una “persona”? Non è, forse, ognuno di noi una “persona”? Quella madre mi ha consentito di riprendere la mia lettura.

Per coincidenza, mentre accadeva questo episodio stavo leggendo uno degli ultimi capitoli del libro di Indellicato, quello dedicato alla moglie di Maritain, Raissa. Quella madre è riuscita a distrarre il bambino. Leggevo il testo e pensavo a quella madre. Ho pensato al ruolo della donna. Un altro tema che mi è particolarmente caro. Quanto è importante il ruolo della donna! Quanto è stato importante, per Jacques Maritain, conoscere Raissa. Le profonde riflessioni filosofiche di Maritain sull’opera dei diritti umani e sulla relazione tra verità e libertà sono state possibili anche grazie al fatto che abbia avuto una donna come Raissa Oumancoff ad accompagnarlo per tutta la vita. Lui protestante, lei ebrea: entrambi abbracciano il cristianesimo. Non solo. Maritain scrive, in un suo diario, che grazie a Raissa comincia a leggere S.Tommaso e la sua “Summa Teologica”.

Quell’episodio mi ha fatto riflettere molto. Quanto è importante il ruolo della donna. Con le sue peculiarità: la grazia, l’eleganza, la cortesia, la pazienza, la dedizione familiare. Qualità tipicamente femminili. È evidente, quasi banale, come il riconoscimento della dignità e del valore alla persona umana, in genere, ricomprenda e richieda anche il riconoscere dignità e valore alla donna. Dignità e valore assolutamente peculiari. E non è affatto vero che la figura femminile solo oggi venga fatta oggetto di offese. Da sempre è stato così in virtù di un egoismo e di un orgoglio tipicamente maschili. Ma anche questo rientra nell’ambito di quel straordinario – per quanto pericoloso – fenomeno che si chiama “libertà”. E mi dispiace vedere come oggi la donna, acquistata una maggiore “libertà”, l’abbia utilizzata per una emancipazione che svende la sua figura, la mortifica, la rende – di fatto, sostanzialmente – meno “libera”. Non si è liberi quando si può fare quel che si vuole. Si è liberi solo quando si è pienamente rispettati nella propria identità, nei propri valori, nei propri bisogni.

Abbiamo bisogno di apprendere, tutti, la lezione di Maritain rendendoci portatori di quella “cultura della vita” che lui giustamente proposta ed auspicata. Tutti, inoltre, partecipi e consapevoli di una vera e propria missione: aprire squarci di umanesimo, richiamando una felice espressione di Simone Weil.

La riscoperta del valore di un umanesimo integrale, come proposto da Maritain, è sicuramente l’indispensabile strumento per superare quella “emergenza persona”, parte – purtroppo – di quella più ampia “emergenza”, diffusa e più generalizzata, che vive ormai da svariati decenni la nostra società.

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