Il vivere politicamente (recensione)
(recensione di Carmen De Mola)
Quale il ruolo dei cattolici in politica? E la politica al di là di una diffusa disaffezione dovuta al comportamento dei politici corrotti, che cos’è? Ha ancora un senso agire in un contesto in cui ciascuno sembra preoccupato del proprio "particulare" e la dimensione collettiva della partecipazione sembra tristemente confinata all’interazione virtuale sui social? E poi è possibile ascrivere l’...azione politica - quando non è declinata nella forma della rappresentatività conferita dal mandato elettorale - alla quotidianità delle piccole grandi scelte di ogni giorno? E come sentirsi in dialogo con l’altro quando il pluralismo di vedute inficia la comunicazione fra gli individui e fa divergere gli obiettivi dalla meta comune? Ma si può ancora parlare di "bene comune"? E sulla base di quale linguaggio che sia culturalmente ed eticamente condiviso?
Eugenio Scagliusi cerca di rispondere a queste ed altre domande attraverso un dotto exursus nella storia che, dal politèuein della civiltà greca al polìteuma di Paolo di Tarso nella Lettera ai Filippesi, arriva alla "Vita Activa" della Harendt e al "Venga il tuo Regno" di D. Bonhoeffer.
E allora il suo discorso, che pur valorizzando la dimensione del personalismo si innesta sullo spiritualismo di M. Blondel, esorta all’azione perché il cristiano risponda al mandato di contribuire alla costruzione di quella civitas in cui è lo stesso "principio di non appagamento"(A. Moro) a costituire il combustibile di un’azione sempre in fieri, in un’ottica di perfettibilità mai raggiunta: un’azione che, nella visione cristocentrica, è morte delle ambizioni personali, superamento dell’egoismo, donazione di Sé.
Ma perché la dimensione del lògos, cui è conformato l’agire del cristiano, possa trasformarsi in praxis è necessario tornare a quell’Εν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος che non confina il Verbum al recinto di una dimensione orante solitaria, estromessa dalla storia, ma che la incarna nell’immanente e la coniuga con l’impervietà dell’esistenza di ciascuno.
E allora il cristiano, chiamato a dare ordine al mondo, a conformare il proprio agire alla praxis creazionale, ha il dovere di agire, di trasformare la sua dimensione fideistica in azione perché "Sta scritto: in principio era il Pensiero[…] ma è forse il pensiero che tutto crea e in tutto agisce? […] Improvvisamente mi si fa luce dentro : 'In principio era l’Azione' ", come dice Faust che l’Autore cita per trovare conferma della traduzione di quel logos giovanneo, divenuto, nella interpretazione di Goethe, die Tat, ovvero l’Azione.
"Il mondo storico è creazione continua, agire ininterrotto", dice Eugenio Scagliusi. E i cristiani - chiamati ad essere cittadini della Civitas hominum prima ancora che della Civitas Dei - dovrebbero ricordarlo.