Eugenio Scagliusi

Ero ancora al liceo quando, durante una interrogazione in Storia dell’Arte, dovendo esprimere in poche parole cosa, a mio parere, qualificasse un quadro che il professore aveva proiettato e di cui non ricordo assolutamente nulla – né del quadro, tantomeno del suo Autore – risposi con una sola parola dopo una pausa di silenzio che parve riflessiva, celando piuttosto il dramma del dover inventare qualche cosa. Una sola ferma parola: “Il colore”.

Non già “i colori”, ma al singolare, “il colore”.

Colsi il compiacimento del professore per l’utilizzo del singolare “colore”, nonostante il quadro – questo lo ricordo – ne mostrasse un tripudio. Richiesto del chiarimento, dovetti improvvisare di sana pianta una appassionata apologia del colore. Sostanzialmente il senso era che l’abilità dell’Artista non sta nel far uso dei molteplici colori realizzabili sulla tavolozza e trasfusi sulla tela, quanto nel saper emozionare attraverso l’utilizzo: l’utilizzo del colore in sé, l’essenza del colore. Banale o no che fosse il discorsetto (lo giuro, dopo quasi quaranta anni questo non mi è ancora chiaro), sciocchezza clamorosa o gonfiatissimo pallone, fruttò un ben nove di fine anno scolastico.

Dopo quasi quarant’anni, l’altra sera, 9 Giugno 2022, in quel di Bari, alla inaugurazione di una mostra personale di quel grande (nel senso di grosso, augurandogli che diventi grande anche in fama e danari al più presto) Artista di Awer, al secolo Giovanni Chiantera, per i parenti Gianni, per gli amici Balù, per me – zio acquisito – Giuà, la poetica del colore è stata mirabilmente rievocata quale elemento qualificante dei lavori dell’Artista. A farlo, gente senz’altro più preparata e meno sprovveduta del sottoscritto, che ha individuato nella gestione del “colore” la peculiarità dell’Artista, oltre alla capacità di sviluppare originali pittorici attraverso tratti grafici in movimento.

Insomma, sembrerebbe che i lavori di Awer Balù emozionino. E non solo sua madre, ovviamente visibilmente soddisfatta per i risultati raggiunti dal figlio, trasferitosi da anni a Berlino per coltivare al meglio la sua passione.

Il fatto è che personalmente da molto tempo mi riesce difficile emozionarmi, mentre più facile distrarmi e pensare. Così, penso; forse anche troppo. L’altra sera, per esempio, ho pensato a questi nostri giovanotti che si allontanano dai luoghi più familiari per aprirsi ad esperienze e contesti internazionali. Ed ho pensato addirittura – sì, addirittura – che a Polignano avremmo finanche un Museo di Arte Contemporanea, unico in Puglia. Un Museo gestito dalla omonima Fondazione Pino Pascali che per attribuire il premio “Pino Pascali”, dal nome dell’Artista polignanese prematuramente scomparso nel 1968, a soli 33 anni, i vincitori del premio li va a pescare all’estero. Per carità, nulla da dire…anche perché non ne capisco un bel niente. Ma mi prende l’insana voglia di chiedere come mai e perché proprio non si riesca non dico a valorizzare i giovani artisti locali, ma almeno a promuovere le loro opere. Peraltro, non mi pare che durante l’anno di mostre o esibizioni in quel Museo se ne facciano tante… E così ho pensato che forse non è tanto tanto normale che Awer apra un suo laboratorio a Berlino; vada in giro per mostre ed esibizioni, oltre che in Italia, in Spagna, in Polonia, in Austria, in Libano; partecipi a vari concorsi per “murales” e riqualificazioni urbane, non ultimo proprio a Bari; ma venga invitato (invitato!) alla sua prima personale in Puglia da una Galleria privata di Bari (“Misia Arte”) e non dalla Fondazione Pino Pascali, nel suo paese di origine. E lo so, caro Giuà, nella vita bisogna aver anche culo ed una certa fortuna politica, diciamo così. E qui la colpa è anche mia, zio acquisito, che certa arte contemporanea non è che la capisco troppo, trattandosi prevalentemente (i lettori attenti capiranno, comprenderanno il senso e dunque scuseranno) di roba comunista con la quale non ho molta dimestichezza.

Comunque, caro Giuà, insisti che vai alla grande e le quotazioni sono al rialzo. Anzi, speriamo che rialzino sempre più. Persevera. Insisti. E se ti servisse qualche aiutino in laboratorio, sai bene che puoi contare senz’altro su tua madre, che ti raggiungerebbe senz’altro a Berlino; confidando che nella trasferta la segua sua sorella, nonché tua zia, nonché mia moglie. Per cui…insiti, mi raccomando. Se te le porti a Berlino ti prometto una recensione più seria, lo giuro. Grazie per la comprensione.

(Galleria d'arte MISIA, Bari, Via Putignani 153 , dal 9 Giugno al 9 Settembre)