(Articolo datato 09.04.1992. Di una attualità disarmante...)
Ebbene, sì. Sono stato uno dei valorosi presidenti di seggio, nominato a tanto Ufficio in occasione delle ultime Elezioni Politiche che, rispettando le aspettative del Ministero competente, hanno adempiuto il proprio dovere con attenzione e – soprattutto – con tempestività. Tanto per la gioia degli impiegati comunali, di quelli dello stesso Ministero, degli altri che dipendono dal Guardasigilli, nonché per quell'esercito di rappresentanti di liste, rappresentanti di politici, galoppini e faccendieri, nipoti e cugini, amici o solo pettegoloni che popolano i luoghi ove sono ubicate le sezioni elettorali.
Per la soddisfazione di questi tutti
(nonché del presidente stesso, che non vedeva l'ora di tornarsene a
casa per consumare gli spaghetti preannunziati dal genitore) il
presidente in prima serata ufficializzava i risultati del secondo ed
ultimo scrutinio; restituiva i locali (per la verità un tantino
squallidi, ma non importa, perché lo sono la maggioranza dei nostri
edifici scolastici e poteva andar peggio) agli operatori ausiliari
(quelli che ai tempi delle mie elementari non si offendevano se li
chiamavi bidelli); restituiva il materiale di cancelleria
avanzato dopo lo scrutinio al delegato del Sindaco,
contravvenendo – in questo caso – ad un prassi consolidata che
vede finire penne, matite, gomme, fogli , temperini, spago, colla e
inchiostro (il timbro e le matite copiative no, perché...per
“questi” è reato) nelle tasche di presidenti, scrutatori e
segretari.
Alcuni prodi colleghi, invece, hanno ritenuto di poter
approfittare dell'ospitalità della Repubblica Italiana guadagnando
le ore tarde della serata. E quando quella che inizialmente si
definisce (per educazione) precisione; in seguito (sempre per
educazione) inesperienza; da ultimo incompetenza;
quando il limite di sopportazione dell'ignoranza altrui giunge a
livelli tali da non essere più tollerata neanche dal primo
gentiluomo della Terra; quando, cioè, l'ospitalità è durata fino
alle ore piccole della notte, ecco che solo allora hanno accettato
l'aiuto dei ben più esperti (non tutti, per la verità) funzionari
della Pubblica Amministrazione. Validamente supportati da
rappresentanti di lista furbastri e in vena di polemiche
preannunzianti ricorsi, esposti e sommosse popolari, con l'aiuto –
altresì – di volenterosi scrutatori che le disposizioni vigenti
(emanate per ridurre le lottizzazioni e i brogli) impongono per
sorteggio e senza formalizzazioni su inesperienza, anzianità o
occupazioni.
Loro, ahimè, non hanno potuto apprezzare le opinioni dei vari personaggi che hanno animato i palinsesti tanto delle emittenti nazionali, quanto di quelle locali.
Chi scrive, invece, come tanti altri, ha avuto la bella soddisfazione di aver svelati, in anteprima, i segreti del voto elettorale, di capire il senso più profondo della volontà degli elettori, di conoscere le analisi, oltre che dei migliori esponenti politici nazionali, anche dei peggiori elementi locali.
Infatti, tornato da mamma e papà, dopo aver gradito gli spaghetti sognati per due giorni, poiché i panini fatti distribuire dal candidato di turno – in verità – non erano gran cosa, mi sono impossessato del telecomando. Dapprima ho condotto un'indagine statistica: su dodici diverse emittenti televisive, fatta eccezione per una che si ostinava a vendere tappeti e di altre due i cui tecnici avevano pensato bene di chiudere ed andare a spasso (o forse erano occupati anche loro a curiosare tra i seggi elettorali?), ben nove erano alle prese con tribune politiche, interviste, sondaggi, proiezioni e numeri. Il tutto finalizzato a “...confrontare le diverse opinioni e stimolare un dialogo con spirito dialettico ma costruttivo, in vista di una svolta nelle scelte politiche, per il bene del Paese...”.
Così, colpito nel mio sentimento patriottico, ho deciso di acculturarmi, di rinunziare con piacere, per una sera, a filmetti, mostri, donnine nude, poliziotti e malviventi (beh, forse qualcuno di questi è apparso...) sul piccolo schermo, ma di scegliere la qualità. Rinunziando a qualche ora di sonno in più. Per poter dire, un giorno, “Quella notte tra il 6 e il 7 Aprile 1992, la notte delle Riforme, la notte della svolta del Paese, io c'ero!”
E ho visto Tizio in lacrime per la sconfitta del suo partito. Alcuni politici che brindano non tanto al proprio successo, quanto all'insuccesso degli avversari. Chi si lamenta perché le alleanze dell'ultim'ora sono state come le pugnalate di Bruto a Cesare. C'è chi confessa di aver appoggiato, alla Camera ed al Senato, candidati di due partiti diversi. Alcuni chiedono le dimissioni di qualcuno, ma non si capisce di chi. Altri, più bravini, commentano che bisogna aspettare almeno un giorno per meglio analizzare i voti. Altri ancora si lasciano trasportare dall'entusiasmo e, oltre a proporre nomi e partiti per incarichi, poltrone ed alleanze, si spingono finanche ad insultare “...quell'altra parte dell'elettorato che non ha compreso l'importanza del voto di protesta...”
Dopo quattro ore
potevo dirmi soddisfatto: il mio bagaglio politico-culturale era
sufficientemente arricchito. Potevo dunque riposare felice.
Sono
passati due giorni da quella notte, e – purtroppo – comincio a
non essere più convinto della bontà di quella scelta. No, non sono
un “pentito”, per carità. Solo solo un po' stanco, poiché come
lavoratore autonomo non ho potuto beneficiare del riposo
straordinario concesso ai dipendenti per aver lavorato ai seggi e le
ore di riposo perse non possono essere da me recuperate.
Mi ritrovo tra le mani un foglio, sul quale “quella notte” mi sono divertito a prendere appunti, annotare commenti, segnare opinioni per il giorno dopo. Capirete, con un tale avvenimento bisogna tenersi informati, bisogna studiare, bisogna approfondire. Altrimenti si viene tagliati fuori da ogni conversazione, anche la più banale, per le settimane seguenti.
Ed ecco che il foglio mi parla: i risultati vanno interpretati. Leggo i numeri e alcune frasi; conto le apparizioni dei personaggi politici più famosi; verifico qual è stato lo spot pubblicitario più trasmesso; conto gli errori grammaticali pronunziati in diretta televisiva; verifico le parole più gettonate. Quali sono? Terremoto e rottura, tra tutte. La conferma è sulle pagine dei giornali dei giorni successivi, nonché nei commenti post-elettorali.
“Terremoto alle urne”; “Crolla il partito x”; “Terremoto nel partito y”; “Si rompono gli equilibri”; “Si spacca il quadripartito”. Dappertutto primeggia il termine “rottura”, che culmina in un ambiguo “L'Italia si è rotta”.
Così, colto da un raptus, un desiderio ribelle di voler sfogare e voler gridare la rabbia accumulata per anni, passati, in silenzio, ad apprendere le buone maniere, alla ricerca di una coerenza di principi e di una qualificazione professionale, produce la requisitoria che segue.
Cari giornalisti, politici, galoppini, avventori, questuanti, cari millantatori, ricercatori di voti prezzolati e via dicendo, l'Italia non s'è rotta. Lo era già! E ancor più sono rotti gli italiani che assistono ogni giorno ai soprusi ed allo sperpero del denaro pubblico. Alla istituzionalizzazione delle raccomandazioni, anche per i ricoveri in ospedale, come alla lottizzazione ed alle speculazioni, anche sui loculi funerei. Allo sfascio dei trasporti pubblici ed alla corruzione dilagante presente in ogni settore. E a quant'altro mi sfugge al momento.
Ma non tutti gli italiani sono rotti, per la verità. Alcuni si sono opportunamente adeguati all'andazzo generale; altri tirano a campare; altri sono convinti che non v'è nulla da fare, tanto poi sono sempre “quelli di Roma” a decidere.
E noi, che per educazione e convinzione profonda non siamo tra questi, non possiamo far altro che gridare forte la nostra preoccupazione per la degenerazione della politica. Ma non certo per pubblicizzare il cosiddetto voto di protesta o la lega A o la lega B, quanto per auspicare un profondo rinnovamento della politica, della vita sociale, dell'impegno quotidiano di ciascun cittadino nell'adempimento del proprio dovere, non solo civico.
Il rinnovamento non consiste nell'appoggiare un partito o un candidato piuttosto che un altro, bensì nel lavorare per formare coscienze capaci di innalzare alcuni valori etico-sociali che, invece, vanno sempre più scemando nella cultura contemporanea e di cui si fa largo uso e consumo proprio durante le campagne elettorali.
Così, ora che la campagna elettorale è finita, che le tribune e i comizi, con i loro animatori, tacciono; ora che le amenità diminuiscono, è il momento per cominciare a stimolare le responsabilità di ciascuno di noi.
Bene. Adesso sono più tranquillo. C'è sempre da imparare nella vita.
La prossima volta seguirò il consiglio di mia madre: dopo gli spaghetti raggiungerò Morfeo, ché non mi pare abbia mani partecipato ad una Tribuna Politica. Oppure bisognerà essere più celeri nello spoglio delle schede, sperando che facciano altrettanto nelle sezioni di tutta Italia, così contribuendo a ridurre la durate delle “maratone dei risultati elettorali”.
(pubblicato sul periodico bimestrale "Vivere In", 3/1992)