Deprecated: mysql_connect(): The mysql extension is deprecated and will be removed in the future: use mysqli or PDO instead in /home/mhd-01/www.eugenioscagliusi.it/htdocs/libreria/php/database.5.inc.php on line 32
Surrogazione di maternità come reato universale | Diritto | Eugenio Scagliusi

Eugenio Scagliusi

segui
Eugenio

Surrogazione di maternità come reato universale

Surrogazione di maternità come reato universale


La “maternità surrogata” è una pratica di gestazione per altri, con fecondazione indotta in laboratorio tra un ovocita di una donatrice anonima e i gameti di uno dei due interessati, con successivo impianto dell’embrione fecondato nell’utero di una diversa donna, non anonima, che porta a termine la gravidanza fino al parto. Questa forma di gestazione in Italia è stata vietata dalla legge n. 40 del 19.02.2004, che all’art. 12, comma 6, recita: “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.

 

Fatta la legge, trovato l’inganno. Il divieto viene eluso rivolgendosi all’estero, in paesi dove, invece, la pratica non è vietata, generando finanche il fenomeno definito turismo procreativo. In questo caso, i problemi con l’ordinamento italiano sorgono in un momento successivo, cioè quando, portata a termine la gravidanza all’estero, al rientro in Italia i genitori chiedano la trascrizione dell’atto di nascita nell’anagrafe italiana. La questione è stata oggetto di un ampio dibattito, finendo nelle aule della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale in ragione del rifiuto di trascrizione da parte di alcuni ufficiali dello stato civile di vari Comuni interessati. Attraverso provvedimenti giurisdizionali, motivati sostanzialmente riconoscendo il progetto di formazione di una famiglia anche indipendentemente dal dato genetico (come nel caso delle adozioni), dato genetico che, dunque, non costituisce elemento imprescindibile della famiglia, si è spesso ottenuto il risultato di legalizzare la gestazione per altri. Uniche condizioni, che la gestazione venga operata all’estero e che metà del patrimonio genetico appartenga a uno dei due genitori “committenti”.

 

Questa prassi evidentemente ingannevole da un profilo legale (pur volendo prescindere dagli aspetti “morali”) in quanto elusiva di un divieto di legge nazionale, è stata fatta da tempo oggetto di varie proposte di legge finalizzate a vietarla. Alcune proposte sono nate su ispirazione di diverse associazioni d’ispirazione cattolica, fedeli nella tutela della dignità della vita umana fin dal concepimento e di quella della donna, contrarie ad ogni forma di contrattualizzazione e commercializzazione della maternità e, soprattutto, di riduzione di un figlio a prodotto commissionabile.

 

Secondo la previsione della citata legge italiana, il reato di “surrogazione di maternità” può essere commesso da chiunque, a prescindere se si tratti di persona singola o inserita in una coppia o, in questo secondo caso, se si tratti di una coppia eterosessuale oppure omosessuale, peraltro realizzandosi a prescindere dalla circostanza che la maternità sia portata a termine con il parto. Le condotte sanzionate, alternative tra loro, sono tre: la realizzazione, la organizzazione, la pubblicizzazione di pratiche surrogatorie.

La prima, la realizzazione, è la conduzione di una gestazione per conto di un terzo, con l’impegno di consegnare il nato al terzo stesso (o altro soggetto dal medesimo indicato), così realizzandosi il fenomeno di sostituzione che è parte integrante della surrogazione. La natura onerosa o meno della realizzazione non viene in rilievo.

La seconda condotta, la organizzazione, si realizza dal porre in essere atti destinati a rendere concretamente possibile un fatto di surrogazione di maternità.

La terza, la pubblicizzazione, si realizza attraverso ogni forma di pubblica divulgazione della possibilità di organizzare un fatto concreto di surrogazione di maternità.

La norma ha, dunque, lo scopo di tutelare (come bene giuridico protetto) la dignità della donna gestante e la dignità del bambino, lese dalle pratiche di surrogazione di maternità, che secondo la Corte Costituzionale (sentenze n. 79/2022, n. 33/2021, n. 272/2017)  “…offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane…”.

 

Rispetto a tale esistente previsione legislativa, in applicazione dei principi generali del nostro ordinamento giuridico penale il reato è punibile solo quando una delle tre condotte sanzionate venga posta in essere sul territorio nazionale. Tuttavia, il Codice Penale prevede la possibilità, a motivo del particolare disvalore del fatto di reato, della punibilità anche quando esso venga realizzato fuori del territorio nazionale ma possa ritenersi avere un rilievo giuridico apprezzabile all’interno. In queste ipotesi, si parla di “reati universali” (articolo 33, comma 2 e art. 7 e seguenti del Codice Penale).

Proprio in questa prospettiva sono state formulate le proposte di legge su accennate, con l’introduzione della espressa punizione secondo la legge italiana anche per fatti commessi all’estero da cittadini italiani. Ed ecco che, dopo un acceso dibattito, tipico ed ormai inevitabile su temi eticamente sensibili, la Camera dei Deputati nel luglio scorso ha approvato una proposta di legge che qualifica quello di “surrogazione di maternità” come “reato universale”, con trasmissione del testo all’altro ramo del Parlamento ai fini dell’approvazione definitiva, programmata per i prossimi mesi.

 

Se la compattezza dell’attuale maggioranza di Governo non lascia dubbi sull’approvazione, come un trofeo da esibire, rimangono dubbi che il riconoscimento come “reato universale” disincentivi concretamente il ricorso alla surrogazione di maternità. Anzi, già immaginiamo forme di autodenuncia, anche attraverso l’ovvia richiesta dei genitori, rientrati in Italia, di trascrizione dell’atto di nascita formatosi all’estero. Oltre ai genitori interessati, ci sarà senz’altro una qualche associazione o qualche parlamentare pronti ad accompagnarli, alzando barricate difensive fino all’ultimo grado di giudizio. Così, anche in questo caso tra qualche anno Corte di Cassazione e Corte Costituzionale dovranno nuovamente intervenire su altre questioni a carattere etico.

 

D’altra parte, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (sentenza n. 38162 del 30.12.2022), ha già precisato che “…poiché la pratica della maternità surrogata offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero e, a fortiori, l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero. Nondimeno, anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale. L’ineludibile esigenza di assicurare al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse è garantita attraverso l’adozione in casi particolari…”.

Insomma, puniti o no che siano i genitori, resta il problema principale: la tutela dal bambino. Lui di certo non commette alcun reato, pur tuttavia costituendo il risultato di una condotta illecita dei suoi genitori. In altre ipotesi di reato andrebbe fatto oggetto di sequestro… In ogni caso, il risultato (chiamarlo “prodotto” è davvero sgradevole) della condotta illecita può essere riassegnato a chi l’ha realizzata? La riassegnazione non sarebbe, per altro profilo, moralmente inopportuna, finendo con il vanificare la sanzione inflitta ai responsabili della condotta?

Domande non del tutto azzardate, come non lo sarebbero molte altre ancora; piuttosto, lo sarebbero le possibili risposte. Ed allora meglio mettere il punto terminando qui questa riflessione.

  

(pubblicato nella rivista "Vivere In", 3 - 4/2023, pagg. 36 - 38) 

https://www.vivere.in/rivista-vivere-in-n-3-4-2023/